Happy Days

Bene, ecco un nuovo inizio, mi sono detto aspettando che si caricasse la pagina di Lynked. Un posto in più in cui scrivere parole su parole per chissà poi che cosa. Sarà la necessità di esprimersi - ho pensato – un po’ un seguire il fiume di lamenti scritti nei vari social network che come unità di misura della propria sensatezza, o profondità, hanno un “mi piace”. Un pollice alzato alla Fonzie che determina il grado di interesse della gente per i pensieri di un individuo. Un individuo – mi sono detto accendendomi una sigaretta- una persona. Una persona che apparentemente si mette a nudo, si svela agli altri dicendo “ciò che pensa”. Sono rimasto in silenzio per un po’. Mah – ho sibilato - non è proprio un mettersi a nudo. La nudità par exellence, la nudità nel suo significato viscerale non può prescindere dalla coscienza della propria identità. Allora – ho pensato- questo vuol dire che mettersi a nudo non può avere un fine, non può essere in vista di. E’ un atto gratuito in tutto e per tutto, necessariamente. Altrimenti si fa del proprio corpo, e quindi dei propri pensieri, un mezzo, una merce di scambio. Si corre il rischio di tipizzare la propria soggettività, di uniformare secondo dei canoni non solo il pensiero ma anche le sensazioni. I propri feelings. Si indossa un volto estraneo anche a se stessi per conseguire uno scopo, per far alzare più pollici possibili. La quantità a discapito della qualità. Il paradigma universale della produzione dei beni di largo consumo. Si subisce continuamente un giudizio muto che non si sa se venga dall’esterno o dall’interno, un dover essere che frantuma la spontaneità e l’autenticità del rapporto con se stessi e con gli altri. Un dover essere altro da quello che si è che prende giorno dopo giorno il posto dell’autenticità, relegandola in un angolo come inutile. Non produttiva. Prendendone in definitiva il posto nel momento in cui l’immedesimazione con questo “altro” imposto dal dover essere si compie. E io? – mi sono chiesto - Io? Mah. Spengo la sigaretta schiacciandola contro il fondo del posacenere in vetro. Fuori fa freddo e la voglia di uscire è ai minimi storici. Almeno – mi dico- sono sicuro che non andrò da Arnold’s a “farmi un hamburger” stasera. Se sia per fortuna o purtroppo, però, non l’ho ancora capito.

Comments
9 Responses to “Happy Days”
  1. Anonimo says:

    Gion tuglac, con le parole non riesco ad esprimermi bene come te, ma credo di dover dichiarare che hai espresso il pensiero di molti muti, di molti ragazzi zittiti dalla moda, dalla tendenza, da una nuova realtà, quella virtuale. Un testo che non può passare innosservato perchè parte di molti.

  2. Anonimo says:

    jon, sei profondo jon.
    fuori dalle righe, non ti accontenti di ciò che ci viene offerto, piuttosto lo rifiuti se non ti piace. purtroppo la gran parte dei giovani si stereotipizza, si adegua pur di essere apprezzata, pur di condividere feelings superficiali e trovare un appoggio nei suoi coetanei.
    se sapessimo dove stiamo andando, cosa ci riserva il futuro forse ci concentreremmo su argomenti concreti, riflessioni più profonde e ci sforzeremmo di migliorarci e rendere la nostra vita soddisfacente.
    purtroppo un futuro ben definito non c'è, o meglio, di definito c'è solo un futuro senza sbocchi e questo porta a conformarci alla massa per sentirci sicuri e compresi.
    bisogna trovare la forza di uscire dal coro e penso tu abbia fatto un buon passo avanti.
    ciò che hai scritto fa riflettere persone come me che si rendono conto della banalità in cui la gioventù versa, speriamo facciano pensare anche qualcun altro.

  3. Anonimo says:

    Lasciare un commento è facile, quasi naturale perché necessario. Cosa scrivere, invece, non è affatto scontato.

    Il testo si commenta da sé, dovrebbe solo essere letto dalle persone giuste nella chiave più appropriata. Ma anche allora sarebbe soltanto il primo passo; la gente va fatta riflettere, invitata al confronto e portata a capire prima di tutto se stessa.

    In una società in cui i valori si misurano a suon di quanti "mi piace" ha lo stato del giorno, la foto più trasgressiva dell'album o la sbronza filmata dagli amici che invitano a dare il proprio meglio "perché questa va in internet e la vedono tutti!"...

    Ma tutti chi? chi sono questi fantomatici critici che bisogna temere i cobra australiani? Ed ecco che la prima impressione su come sarà una persona passa prima per il web, nel quale tutti sono pronti a criticare, giudicare, insultare, e poi se "mi piace" la conosco (e ci parlo? no, per questo c'è la chat o la scarrellata di messaggini a tutte le ore)


    Appiattimento e banalizzazione dei rapporti interpersonali. Le famose "social relationships" si mantengono comodamente dal salotto di casa propria, tanto ormai i mezzi per farlo ci sono. La quantità supera la qualità, ma tanto le amicizie si chiedono solo perché "fa numero", tanti avatar che si collezionano come figurine: a nessuno interessa chi o cosa ci abbia accettati...

    Grande Jon

  4. Anonimo says:

    Jon/Amigo,quello che hai scritto è la perfetta descrizione della socializzazione dei nostri giorni.Troppi,quasi tutti,si basano solamente su questo tipo di relazione e troppo spesso,nella realtà non virtuale,fanno fatica a comunicare con qualsiasi persona. è triste,perchè dovremmo sentirci fortunati essendo in un'epoca dove la tecnologia può essere sfruttata al meglio e anche certi tipi di social network possono essere il primo passo per la socializzazione. Ma cade nel banale alla fine,come tutte le cose.Quanto tu stesso avevi un profilo nessuno sapeva ancora cosa fosse se ricordi.La cosa ancora più brutta secondo me è che sta perdendo di significato anche la parola "amicizia" per colpa di individui che l'amicizia vera non l'hanno mai conosciuta.
    Grandi parole le tue.
    Aggiornami la prossima volta che scrivi.
    xn.

  5. Anonimo says:

    Jon discorsi di questo tipo li abbiamo già fatti e sai che la penso come te.
    Stai migliorando sempre di più a scrivere e sai che già prima mi piaceva quello che scrivevi seppure non sempre capivo..
    Continua ad esprimerti che aiuta a sfogarsi dalla routine e dalla banalità, ma stai attento anche a non trascuare il goderti la vita solo per fare quello "fuori dagli schemi". Perchè anche se non ci vediamo da un pezzo ho come il presentimento che tu ti stia nuovamente isolando con la tua amica ispirazione.
    Fatti sentire quando hai tempo.
    F.

  6. AntiCosimo says:

    credo che "bisogna trovare la forza di uscire dal coro" (cit. dal secondo anonimo in ordine cronologico) sia una delle frasi più conformiste e stereotipanti di sempre.
    apprezzo la generale convinzione che la virtual amicizia non sia poi così friendly e che la virtual realtà non sia poi così real, ma trovo un po' ipocrita che cinque signori anonimi mi vengano a parlare di identità e autenticità ("Ma tutti chi?").
    condivido la riflessione dell'illuminato Jon - nella speranza di averne davvero colto il succo - e penso di dire cosa ovvia quando noto che il conformismo nei/dei giovani sta prima (e al di là) dei social network, che sono semplicemente uno dei tanti modi che usiamo per relazionarci.

    mi piace questo post :)

  7. Anonimo says:

    ciao jon,
    il tuo testo è intelligente e fa riflettere, e sono d'accordo sul fatto che i social network siano alquanto imbarazzanti, come arrivare a dire qualcosa che non si pensa solo per essere accettati. ma comunque trovo strano che tu non abbia pernsato che è, quasi naturale diciamo, che la società influenza la popolazione, e quindi i pensieri. poi ognuno prende le cose che gli vengono dette o imposte un pò come vuole, infatti nel tuo caso, tu le prendi in modo distaccato e molto critico(non sto dicendo che sia sbagliato, anzi), ma ci sono altre persone che semplicemente non pensano a come potrebbero essere i loro pensieri o come persone solo se si soffermassero un pò di più in quello che dicono.
    il mio discorso è un pò contorto rispetto al tuo, mi dispiace.
    comunque, bravo.

  8. Audubabau says:

    te sito portà la claque da casa, jon?

  9. Jon Tughlak says:

    Certo, li puoi trovare al Prix tra lo scaffale dedicato alle opere di Cristina Parodi e quello dei cortigiani in offerta. Agape e bene

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